Edizione 2023

Partorire il cielo

Make kin not babies
Donna Haraway

Dopo aver affrontato nelle passate edizioni il naufragio, le rovine e il libro, il nucleo metaforico attorno a cui si articola la quarta edizione del Cima Norma Art Festival che si svolgerà dal 24 giugno al 3 settembre è quello della madre e della maternità.

Fin dall’antichità, in quasi tutte le civiltà, la natura e la terra sono state rappresentate come figure femminili: dalla Grande Madre alla madre Terra, da Gea a Diana efesina. Sono soprattutto gli attributi della sessualità femminile e in particolare il suo ruolo di generatrice a favorire l’identificazione della donna con la natura e con la terra. La personificazione della natura come figura femminile che genera e nutre ricorre in tutta la storia dell’arte, dalla Venere di Willendorf alle elaborate allegorie seicentesche. Un’immagine talmente radicata nell’immaginario occidentale che sopravvive, seppur trasformata, anche nella modernità, pensiamo, ad esempio, a due opere iconiche come L’origine du monde di Gustave Courbet o a Étant donnés di Marcel Duchamp.


Il titolo scelto per l’edizione di quest’anno, Partorire il cielo, fa riferimento all’antica mitologia greca e alle figure di Gea (dea della terra) e Urano (dio del cielo). Secondo la mitologia greca, infatti, (ma racconti analoghi si trovano anche presso altri popoli) Urano è stato partorito da Gea. Il riferimento a questa narrazione mitologica, che corrisponde, a ben vedere, alla realtà scientifica della formazione dell’atmosfera (prodottasi dai gas fuoriusciti dalla terra), vuole alludere alla responsabilità di cui dobbiamo farci carico e alle azioni che dobbiamo intraprendere se vogliamo che le trasformazioni a cui abbiamo sottoposto il nostro ambiente e in particolare l’atmosfera non siano irreversibili e allo stesso tempo alla necessità di instaurare un rapporto nuovo con le altre specie che condividono con noi il pianeta.


La primordiale identificazione di ciò che è terrestre con il femminile e del celeste con il maschile se da un lato mostra come la rappresentazione della natura sia fin dall’inizio influenzata da rappresentazioni di genere, dall’altro rivela che questa identificazione è anche un modo per definire gli attributi e i comportamenti dei due sessi sulla base di una legittimazione che troverebbe fondamento nei principi della natura. Se la storia ha visto il prevalere del celeste sul terreno e quindi, attraverso il patriarcato, del maschile sul femminile, le crisi che minacciano sempre più il nostro tempo sembrano indicare l’assoluta necessità di abbandonare il modello patriarcale di un tardo capitalismo che depreda la “terra madre” di tutte le sue risorse sacrificandole sull’altare di una crescita che si vorrebbe senza fine. Il riferimento alle metafore della madre costituisce quindi anche un invito a riflettere sulla necessità di un superamento di quei residui di patriarcato che ancora permangono nella nostra società e sulla necessità di identificare modelli alternativi di vita e di organizzazione sociale.


A partire da queste riflessioni il festival si dispiega secondo la sua caratteristica natura multidisciplinare nel tentativo di offrire agli spettatori un’occasione per interrogarsi sui temi che danno forma al nostro presente e che sempre più la daranno al nostro futuro.